Per le sue caratteristiche di resilienza, di diffusione e radicamento territoriale, di governance partecipata, di capacità di fare rete, il modello cooperativo è particolarmente adatto alla valorizzazione della cultura come importante opportunità di crescita economica e sociale del Paese e si propone di rafforzare il proprio ruolo puntando sui progetti attivati nell’ambito del Piano Attrattività dei Borghi del PNRR, sui partenariatispeciali pubblico-privati per la valorizzazione del patrimonio culturale, sull’integrazione di filiere trasversali, sul welfare culturale, sulla tutela del lavoro culturale e creativo e l’innovazione delle competenze.
Sono stati questi i temi al centro del secondo Congresso nazionale di CulTurMedia Legacoop, ospitato da La Sapienza Università di Roma, presso l’Edificio Marco Polo, che ha confermato Giovanna Barni come presidente per i prossimi quattro anni. CulTurMedia è l’associazione di riferimento delle oltre 1.500 cooperative aderenti a Legacoop attive nei settori cultura, spettacolo, turismo, eventi, editoria e informazione, con un valore complessivo della produzione di oltre 1 miliardo e 640 milioni di Euro e più di 31mila occupati.
“Il modello cooperativo”, sottolinea Giovanna Barni, “radicato nei territori e nelle persone che li abitano, è quello che può interpretare al meglio l’idea di una relazione più avanzata tra pubblico e privato e cittadini per la cura e l’attivazione delle risorse culturali con la partecipazione delle comunità locali, in linea con le Raccomandazioni del Consiglio Europeo sulla governance partecipativa del patrimonio culturale. I nostri presidi diffusi, che interessano anche le regioni del sud così come le aree interne del nostro Paese, attraverso l’attivazione di pratiche di innovazione sociale, migliorano l’accessibilità e trasformano i luoghi della cultura (biblioteche, musei, teatri, borghi e edifici abbandonati) in spazi di ri-connessione per le comunità, di stimolo di creatività e innovazione, generando processi di cambiamento verso politiche più eque, sostenibili e inclusive”.
La cultura, oltre ad un fattore di crescita sociale e civile, rappresenta un driver di sviluppo sul piano economico. Lo testimonia il dato relativo alla creazione di valore aggiunto da parte del settore nel nostro Paese (90 miliardi, pari al 5,7% dell’intera economia nazionale) e all’occupazione, stimata in 1,5 milioni di addetti (il 5,9% degli occupati totali). L’Italia può essere un’avanguardia europea nel settore se associa alla ricchezza diffusa del proprio patrimonio e dei propri saperi l’idea cooperativa, un modello cioè collaborativo e sostenibile che l’Unesco, dal 2016, ha inserito il all’interno degli asset intangibili e che adesso sta studiando come modello virtuoso di cura e valorizzazione partecipata e come tutela delle nuove professioni creative, per garantire ad esse dignità e sicurezza. Eppure, nonostante questo riconoscimento internazionale, e nonostante una risoluzione del Parlamento Europeo del 2016 raccomandasse agli stati membri l’adozione di un quadro di politica industriale globale di lungo termine per le imprese culturali e creative, in Italia il loro riconoscimento è fermo alla legge di bilancio 2018. Un gap reso evidente dalla crisi pandemica, che ha costretto le imprese culturali e creative alla frammentazione in una moltitudine di anacronistici codici Ateco, diventati iniquamente determinanti per l’accesso ai ristori.
Ma nonostante questo, la cooperazione culturale, creativa e turistica guarda alle opportunità rappresentate, in primo luogo, dalle risorse definite nel PNRR, in particolare il piano attrattività dei Borghi, che prevede due linee di finanziamento destinate a progetti nei piccoli Comuni (fino a 5.000 abitanti). È poi in dirittura d’arrivo un bando Borghi, per un valore complessivo di 200 milioni di Euro, per la selezione di circa 2.500 imprese con progetti nei borghi finanziati e coerenti al piano di registrazione, rispetto al quale sono potenzialmente interessate circa 100 cooperative dei settori cultura, turismo, sociale, agricolo e servizi.
Di rilievo anche le opportunità legate ai partenariati speciali pubblico-privati, esperienza iniziata nel 2017 proprio con una cooperativa, il Teatro Tascabile di Bergamo, che ha prodotto la rigenerazione dell’ex Monastero del Carmine nel centro della città. Adesso, oltre ai 6 partenariati incubati con la prima edizione della call “Viviamo Cultura”. Partenariati previsti anche nel bando Turismo e Cultura del Fondo complementare al PNRR per l’area del cratere (quella colpita dai sismi del 2016), dove le cooperative di CulTurMedia hanno presentato oltre una decina di progetti di rianimazione culturale e sociale e di sviluppo turistico sostenibile Next Appennino, in particolare per i parchi dei Monti Sibillini e del GranSasso e per una rete di comuni laziali tra Amatrice e Accumoli.
La scommessa, insomma, è quella di generare nuove economie territoriali grazie alla capacità delle cooperative di fare rete tra imprese, associazioni e istituzioni locali, di costruire filiere intersettoriali (va in questa direzione l’accordo con Legacoop Agroalimentare e Federparchi) e pratiche di sussidiarietà verticale ed orizzontale che, attorno alla riscoperta culturale, possono dare slancio innovativo anche al turismo, all’enogastronomia, alle produzioni tipiche, alla creatività, all’innovazione, a servizi di prossimità per l’assistenza a turisti e abitanti. Ne sono un esempio le Destination Management Organization a guida cooperativa che propongono un approccio integrato allo sviluppo culturale e turistico di territori in Abruzzo, Lazio, Emilia Romagna, Toscana e LIguria, che aprono una nuova stagione nelle relazioni tra pubblico e privato, una semplificazione normativa e regolamentare e il sostegno al settore sfruttando opportunamente le possibilità date dall’apertura del settennio di programmazione europea 2021-2027.
Altro tema centrale che distingue cooperazione da molto del terzo settore è quello del lavoro.In un recente documento del programma Leed (Local Employment and Economic Development), l’OCSE ha evidenziato come le cooperative giocano un ruolo anticiclico nella creazione di lavoro e che nelle crisi possono contribuire a rafforzare il legame tra economia, inclusività e sostenibilità. In Europa, il settore cultura e creatività dà lavoro a 7,5 milioni di persone; in Italia i lavoratori del settore sono circa 800mila, il 50% autonomi. Le due più grandi cooperative culturali in Europa (una delle quali è in Italia, Doc, aderente a CulTurMedia) hanno oltre 54 mila soci tra artisti, tecnici e freelance creativi. E durante la pandemia, la cooperazione del settore cultura – un modello labour intensive, con prevalenza di figure femminili e con alto livello di istruzione – ha visto un calo rilevante del fatturato (in media oltre il 25%), ma non altrettanto per l’occupazione (che nel periodo è diminuita meno del 5%), svolgendo un ruolo determinante, insieme ad altre associazioni, in difesa dei lavoratori della cultura e della creatività, attivandosi per definire tutte le tutele adeguate alle caratteristiche di discontinuità connaturate allo stesso lavoro creativo.
“Le cooperative”, afferma Barni, “anche in questo settore mirano a trasformare il lavoro informale in lavoro formale, a superare il precariato e il lavoro sommerso, a favorire l’accesso alle tutele, come durante la crisi pandemica tra ammortizzatori sociali e reddito di discontinuità”. Da qui l’impegno convinto, assunto in sinergia con le altre associazioni di settore, a favore delle riforme, come la Legge Delega dello Spettacolo, che da una parte aprono ad una maggiore pluralità di produzioni culturali dall’altro migliorano anche l’accesso complessivo alle prestazioni sociali per lavoratrici e lavoratori del settore.“Grazie anche alle mobilitazioni cui abbiamo partecipato, insieme anche alla Fondazione Centro Studi Doc Servizi che fa capo alla nostra associazione, finalmente il reddito di discontinuità è stato prima introdotto e poi finanziato nella legge di bilancio, approvata il 21 dicembre, con 100 milioni nel 2023”.
Un impegno che alle tutele deve però accompagnare anche un investimento costante nel capitale di competenze, da compiere insieme al mondo della formazione e non a caso sono già in corso sempre maggiori collaborazioni tra la cooperazione culturale e l’Università Sapienza, e nella consapevolezza del ruolo sociale dei professionisti della cultura, in linea con l’identità di impresa intergenerazionale e sostenibile che la cooperazione incarna. Per questo motivo può diventare una casa migliore per le nuove professioni offrendo tutele e solidarietà anche a quei lavori tecnici e digitali che le grandi piattaforme web tendono a sacrificare, anche attraverso le cosiddette piattaforme cooperative (sono 11 i casi di studio già attivati in Emilia Romagna) che possono metterli in rete.
Le cooperative Legacoop di cultura, turismo, spettacolo, editoria
Impegnate nella gestione di oltre 3.000 presidi culturali diffusi in tutto il Paese, le cooperative di CulTurMedia dopo il periodo nero della pandemia, grazie ad una forte resilienza che ha consentito di contenere la flessione degli occupati (nel periodo diminuiti meno del 5%, a fronte di un calo medio del fatturato del 25%), registrano una ripresa, mettendo a segno, nel 2021, un +16% del fatturato accompagnato da un aumento di oltre 2 punti percentuali dell’occupazione.
Riguardo all’insediamento territoriale, le regioni dove maggiore è la concentrazione delle cooperative del settore sono l’Emilia Romagna, la Toscana, il Veneto, la Lombardia, la Sicilia e la Sardegna. Relativamente ai settori di attività, quelli più rilevanti sono Arte, Cultura ed Eventi; Turismo e Congressi; filiera dell’editoria e informazione; Fotografia e Audiovisivo.
Nel quadriennio 2019-2022, il settore più dinamico è stato il Turismo, seguito dal comparto Cultura ed Eventi. Nello stesso periodo, nonostante gli effetti della pandemia, hanno aderito a CulTurMedia quasi 100 nuove cooperative, attive in diversi comparti di attività. I dati di bilancio, disponibili per 51 delle nuove aderenti, indicano, nel complesso, un fatturato di 4,6 milioni di Euro ed un’occupazione di 185 addetti.
Da sottolineare anche il buon posizionamento delle cooperative di CulTurMedia relativamente all’innovazione. Rispetto all’obiettivo indicato dalla Commissione Europea per la digitalizzazione di base delle imprese al 2030, fissato al 90%, le cooperative associate lo hanno raggiunto all’84%. Inoltre, in riferimento ai parametri definiti nel DII (Digital Intensity Index) per misurare l’uso di diverse tecnologie a livello aziendale, le cooperative, in particolare quelle attive nel settore della comunicazione e della commercializzazione digitale, sono superiori alla media italiana.
Il 2° Congresso di CulTurMedia ha convenuto per un rinnovamento ed un’evoluzione delle sfide da mettere tra le priorità operative, ma nella continuità di una gestione che ripropone la leadership e la guida di Giovanna Barni come Presidente di CulTurMedia per il prossimo quadriennio di lavoro.
“Con un bilancio combinato record di oltre 14 mld di euro per la cultura e la creatività spero di garantire un futuro sostenibile per questi settori e di massimizzare la loro capacità di co-innovazione per aiutare a risolvere le sfide della società, come la rigenerazione urbana e rurale. Con questo spirito accolgo con favore la vostra collaborazione nel campo culturale e vi incoraggio a sfruttare appieno i finanziamenti dell’Ue disponibili per approfondire la vostra collaborazione e co-creare progetti a beneficio di tutti”. Lo ha detto la Commissaria europea per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù Mariya Gabriel, in un messaggio inviato al Congresso CulTurMedia. “Il riconoscimento delle associazioni cooperative come parte del patrimonio culturale immateriale dell’umanità da parte dell’Unesco è un gradito primo passo verso il pieno riconoscimento del contributo delle cooperative per aiutare a migliorare la qualità della vita delle persone, guidare il cambiamento sociale e affrontare le sfide della comunità, come il raggiungimento di un approccio inclusivo e una crescita economica e sostenibile. Questo approccio – ha detto Gabriel – è pienamente in linea con gli sforzi della Commissione europea, ad esempio nell’ambito del New European Bauhaus. L’Unesco è un partner fondamentale dell’Ue nelle attività che rafforzano la dimensione culturale dello sviluppo sostenibile e comunicano il ruolo della cultura come bene pubblico globale. Sono lieta che queste caratteristiche siano state riconosciute anche da 150 governi nazionali nella dichiarazione Mondiacult lo scorso settembre in Messico. Ciò – ha aggiunto – contribuirà a rafforzare la posizione della cultura nelle agende politiche nazionali e nelle misure per approfondire la cooperazione transnazionale in questo campo e favorire lo sviluppo sostenibile”.
Al Congresso è intervenuto anche il presidente della commissione Cultura della Camera Federico Mollicone: “Il riconoscimento del lavoro culturale è una priorità della commissione Cultura. La legge del 2022 modificherà radicalmente l’attuale disciplina in materia di lavoro nello spettacolo. La legge conferisce delega al governo per l’adozione di decreti legislativi. Il nostro obiettivo è quello di sanare significativi vuoti normativi, ad esempio, la mancanza di un’indennità di maternità adeguata alle specificità del settore. Un metodo che va adottato complessivamente per la cultura: una normazione chiara contro il precariato. La proposta sullo statuto sui lavoratori della cultura sarà al nostro vaglio”.