La crisi indotta dalla pandemia è stata asimmetrica e ha aggravato le polarizzazioni; ha colpito alcuni settori, alcuni segmenti sociali ed alcune aree del Paese, risparmiandone altri. Un fenomeno ben evidenziato da quanto si riscontra nei bilanci familiari. Dall’inizio della pandemia, infatti, se il 55% delle famiglie ha mantenuto inalterato o aumentato il livello di risparmio (l’81% nel ceto medio e il 71% tra i giovani dai 18 ai 30 anni), il 45% ha visto erodersi i propri risparmi o ha contratto debiti, con una particolare sofferenza per il ceto popolare (70%) e quello medio-basso (58%). Ancora più elevata (49%) la quota di famiglie che hanno dovuto tagliare o ridurre le spese non strettamente necessarie, con una particolare penalizzazione del ceto popolare (68%).
È quanto risulta da un’indagine condotta su un campione rappresentativo della popolazione italiana nell’ambito dell’Osservatorio Legacoop, ideato e realizzato dall’AreaStudi dell’associazione insieme con il partner di ricerca IPSOS.
Tra i motivi che hanno determinato l’erosione dei risparmi o l’indebitamento, al primo posto figura l’aumento delle bollette di gas, elettricità e acqua (59%, che sale al 65% per il ceto popolare e al 67% nell’Italia centrale), seguito dall’incremento dei prezzi dei prodotti alimentari (49%, ma 54% nel ceto popolare), dalla diminuzione dello stipendio o di altre fonti di reddito (36%, che sale al 40% nel ceto medio-basso), da spese impreviste (24%), da spese sanitarie impreviste (22%, ma al 27% nel Sud e Isole).
Chi ha mantenuto inalterato o incrementato il precedente livello di risparmio lo ha fatto a motivo della riduzione delle occasioni di svago (56%, che sale al 60% nel ceto medio), dell’aumento del tempo trascorso in casa (52%), della rinuncia a viaggi e vacanze (43%), della preoccupazione per spese impreviste (28%) e per il futuro economico del Paese (22%).
“Lo studio dei bilanci delle famiglie italiane conferma che la Pandemia ci lascia un paese ancora più diviso in due” – commenta Mauro Lusetti, Presidente di Legacoop – “e non solo dal punto di vista geografico. La crisi ha allargato le distanze sociali ed economiche perché ha colpito in modo diverso le persone e le famiglie. Da un lato, chi ha aumentato i propri risparmi e li tiene in banca; dall’altro lato, chi ha visto peggiorare la propria esistenza: un ulteriore scivolamento verso l’incertezza e la preoccupazione per il futuro. Attenzione: è su questa situazione che poi si è aggiunto il caro prezzi che affligge 9 italiani su 10: ecco perché abbiamo denunciato con forza il rischio di una “bomba sociale”. Naturalmente il rallentamento dei consumi è un rischio da scongiurare, ma lo è altrettanto l’angoscia dei nostri concittadini per le spese mediche o dentistiche. Per ricostruire il paese oltre alle risorse, serve combattere la paura e investire sulla fiducia”.
Il sondaggio ha preso in esame anche le spese per le quali le famiglie hanno incontrato difficoltà economiche a sostenerle. In questo caso, a guidare la classifica sono le spese impreviste (indicate dal 76%, e dal 95% del ceto popolare), le spese importanti (ad esempio acquisto di un elettrodomestico, 71%), gli acquisti non alimentari (67%, con una punta del 91% per il ceto popolare), le spese dentistiche (65%, ma 87% nel ceto popolare), le spese mediche (61%), le spese per le bollette (58%), le spese per l’istruzione dei figli (57%, con la maggiore difficoltà nel ceto popolare dove il valore è dell’83%). Da segnalare, infine, che poco più della metà delle famiglie (il 51%) ha incontrato difficoltà anche per gli acquisti alimentari: anche in questo caso, la penalizzazione più forte investe il ceto popolare, dove l’indice sale all’83%.