Il “Cibo giusto”, esente dalle contaminazioni di una “mafia liquida” che si infiltra ovunque, è stato al centro della tavola rotonda organizzata da CIR food dal titolo “La filiera della legalità”, tenutasi il 12 ottobre a Expo, nella CIR Vip Lounge.
Insieme a Chiara Nasi, presidente CIR food , hanno preso parte al dibattito il Magistrato Gian Carlo Caselli; il vicepresidente UNISG Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, Silvio Barbero; il responsabile Relazioni Istituzionali Novamont, Andrea Di Stefano e il presidente della cooperativa Libera Terra, Alessandro Leo.
Ad introdurre e moderare il convegno è stato il giornalista Luca Ponzi, il quale ha subito richiamato l’attenzione degli ospiti sull’attuale natura dell’organizzazione criminale mafiosa: “Si tratta di un sistema che ha ormai una natura imprenditoriale, con un giro di affari di 220 miliardi di euro. Anche l’agroalimentare e la ristorazione non sono esenti da questo fenomeno. Basti pensare che, per quel che riguarda quest’ultimo settore, sono ben 5.000 le imprese in odore di mafia”.
Osservazione subito ripresa dall’intervento del Magistrato Gian Carlo Caselli, secondo il quale: “Oggi la mafia è liquida, si infiltra ovunque, anche e soprattutto nell’agroalimentare: un settore che ha grande appeal per l’organizzazione criminale. Il motivo? La grande ricchezza generata annualmente dall’Italian Food”.
“Se la mafia è liquida, bisogna anzitutto tappare i buchi in cui si infiltra”, sostiene Alessandro Leo, presidente della cooperativa Libera Terra, realtà che coltiva terre confiscate alla mafia per farle rinascere in un circuito virtuoso grazie al lavoro di giovani agricoltori.
“Attraverso i beni confiscati alla mafia” ha proseguito Leo “stiamo riuscendo a creare delle realtà che producono cibo giusto. Il nostro lavoro non è solo coltivare la terra ma anche i diritti dei lavoratori, tutelando i consumatori e valorizzando l’identità dei luoghi. Vogliamo far scoprire la nostra filiera, che racconta storie di etica e legalità”.
Contaminazione criminale in fase di produzione alimentare, ma non solo. Anche altri stadi della filiera, come quello della ristorazione, non vengono risparmiati da questo flagello. Lo conferma Chiara Nasi. “l’Illegalità – ha dichiarato infatti la presidente di CIR food – trova spesso terreno fertile nel nostro settore, favorita anche dalle gare al massimo ribasso e dai capitolati blindati. Questi meccanismi non fanno altro che prestare il fianco a fenomeni come l’evasione fiscale, il ricorso al lavoro nero e – ultima, ma non meno importante – la corruzione. A volte abbiamo l’impressione di poter lavorare solo su una parte del mercato, perché il resto è occupato da chi opera al di fuori delle regole. Inoltre – aggiunge Nasi – non dobbiamo dimenticare il tema delle frodi alimentari: un’ulteriore piaga per il settore della ristorazione, che impone ulteriori controlli e attenzioni negli approvvigionamenti”.
Proprio per questo bisogna dare un valore etico ai prodotti e alle aziende. Su quest’aspetto verte l’intervento di Silvio Barbero, che sottolinea come “Il cibo di qualità è solo il cibo etico e trasparente. È dunque importante educare i consumatori e far capire loro che una produzione rispettosa del territorio e della sua storia, che impiega lavoratori regolarmente assunti, incide inevitabilmente sul costo di un prodotto. Il valore del cibo non è solo nel suo prezzo, perché oggi qualità significa anche legalità e rispetto delle norme che ne regolamentano la produzione e distribuzione. Se cibo di qualità è cibo etico, inoltre, ha senso premiare le aziende che producono secondo un’etica e far uscire dal mercato quelle che non lo fanno. Creare, in sostanza, un sistema di norme ad hoc che faccia sì che il libero mercato sia un mercato libero” conclude Barbero. Una posizione che trova d’accordo Gian Carlo Caselli, il quale sostiene che ad un sistema normativo ben pensato è necessario affiancare un sistema sanzionatorio che scoraggi la violazione delle norme, perché “anche le migliori leggi hanno bisogno di controlli e processi che ne garantiscono l’applicazione”.
È questa la ratio seguita per la stesura del testo della riforma dei reati agroalimentari, elaborato dalla Commissione ministeriale – presieduta dallo stesso Caselli – che verrà presentato al Ministro della Giustizia, Andrea Orlando.
Un testo che si compone di 49 articoli e punta ad “aggiornare in modo radicale un quadro normativo ormai obsoleto e inadeguato” e che introduce una serie di nuovi reati tra cui quello di “agropirateria”, nuova figura criminosa che punisce la vendita di prodotti alimentari contraffatti.
A breve, su “Il Giornale del Cibo” (www.ilgiornaledelcibo.it), un articolo di approfondimento sul convegno e un abstract riassuntivo degli interventi dei relatori.