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Dall’Assemblea di CulTurMedia Legacoop la richiesta di riconoscimento dell’impresa culturale e creativa

Come hanno reagito le cooperative culturali, turistiche e creative in questo periodo di crisi nel corso della pandemia, quali prospettive future e perché le Imprese culturali e creative devono essere riconosciute e messe al centro dell’azione governativa per la crescita e lo sviluppo economico del nostro Paese: questi alcuni dei temi affrontati nel corso dell’Assemblea di metà mandato di CulTurMedia, che rappresenta e tiene insieme mille cooperative e decine di migliaia di occupati nei settori dei Beni culturali e dello spettacolo, del turismo e della comunicazione, che si è tenuta oggi. Oltre alla relazione della Presidente di CulTurMedia, Giovanna Barni, sono intervenuti, tra gli altri, Anna Ascani, sottosegretaria MISE e Massimiliano Smeriglio, europarlamentare. Le conclusioni sono state affidate a Mauro Lusetti, Presidente Legacoop.
Nel 2020 il fatturato – secondo una ricerca presentata nel corso dell’Assemblea da SCS su un campione di più di cento cooperative culturali – è sceso di oltre il 58% rispetto al 2019. Quasi tutti i settori sono stati penalizzati in modo significativo: dal 76% del turismo al 55% del patrimonio culturale e dei teatri. Unico settore in cui il calo è stato più contenuto è quello della comunicazione. A fronte di questo i livelli occupazionali, per la natura labour intensive della cooperazione e con grandi sforzi, sono stati mantenuti quasi invariati seppure a fronte di ristori talvolta inadeguati.  
Oggi, per valorizzare un patrimonio sociale ed umano irrinunciabile, occorre passare da misure solo assistenziali ed emergenziali, seppur utili, a politiche industriali dedicate alla crescita del settore nell’ambito di strategie di sviluppo sostenibile dei territori cui concorre un pieno utilizzo delle risorse naturali e culturali ma anche dei talenti del nostro Paese. Questo ruolo deve essere però sostenuto e messo al centro di una strategia.
Nella fase più complicata le cooperative sono state capaci di fare rete e mettersi in relazione con le altre associazioni del settore. Così è nato, per esempio, il Manifesto Cultura Cura promosso da Alleanza delle Cooperative Italiane; si è aderito a #Italialive con tutte le associazioni della comunicazione live o al Manifesto Turismo #ripartiamodall’Italia per sostenere il rilancio turistico del Paese.
“Ora c’è bisogno di un passo in avanti, tutti insieme – ha dichiarato la Presidente di CulTurMedia Giovanna Barni nella sua relazione – abbiamo la grande opportunità delle missioni del PNRR che, anche se indirettamente, dovrebbero coinvolgere quelle filiere che maggiormente sono in grado nei territori di rianimare, includere e promuovere sviluppo sostenibile perché centrate sul lavoro, sulla creatività e sulle comunità e pronte a condividere in forme cooperative, innovative e partenariali, con le Istituzioni ai vari livelli, progetti sostenibili ben oltre la durata del Piano”.
Sono in gioco centinaia di migliaia di professionisti, donne soprattutto, lo abbiamo visto nei giorni più bui. Così come la loro sopravvivenza e tutela ha richiesto misure innovative, perché molte figure erano invisibili o con forme contrattuali atipiche, la loro ripartenza richiede un riconoscimento speciale e un investimento continuo nella loro crescita, a partire da quella più stretta relazione con il mondo dell’Università e della Ricerca che la cooperazione culturale sta già sperimentando in alcune regioni ma che potrebbe mobilitare ancora di più i tanti presidi diffusi, spazi culturali ibridi, luoghi della cultura, giornali e librerie indipendenti, trasformandoli in hub di innovazione, creatività e di educazione al servizio dei giovani e delle comunità. Laboratori digitali ma inclusivi e più umani.
“Se nei prossimi mesi prenderemo questa direzione e le imprese culturali e creative avranno il riconoscimento che meritano – ha concluso la Barni – nei prossimi anni potremo finalmente parlare di cultura e ICC come si fa nel resto d’Europa dove sono perno centrale di investimenti e  riforme. Un’opportunità che non possiamo permetterci di perdere. Lo dobbiamo alle imprese, ai lavoratori e alla vocazione culturale del nostro Paese”.