Grande interesse ha suscitato il convegno organizzato oggi al Centro Internazionale Malaguzzi da Legacoop Emilia Ovest con Libera e l’Istituto Alcide Cervi, dedicato ai temi della legalità. Il convegno nasce da una necessità, capire perché la nostra Emilia sia stata presa di mira da una infiltrazione così strutturata della malavita organizzata. Sicuramente è una terra ricca e appetibile, ma perché non c’è stata sufficiente allerta? Capire come e perché per gli organizzatori del convegno è un dovere della classe dirigente, sia politica che economica, a cominciare dal movimento cooperativo.
Significativo il titolo del convegno: “Economia, comunità, lavoro – Uniti nella legalità”, a segnalare come il problema della legalità – come peraltro hanno sottolineato tutti i partecipanti al convegno – sia strettamente legato all’economia e alla vita di una comunità.
Centro dell’iniziativa è stata l’indagine conoscitiva svolta Nando Dalla Chiesa sociologo e presidente onorario di Libera, con Federica Cabras, membro del suo gruppo di lavoro con cui sviluppa ricerche a livello nazionale in tema di infiltrazioni criminali. L’indagine, nata dalla collaborazione tra Legacoop, Libera e Istituto Cervi, si è concentrata in particolare sulla situazione reggiana e sulle risultanze del processo Aemilia.
Ha aperto i lavori Andrea Volta, presidente di Legacoop Emilia Ovest, che ha spiegato il senso dell’iniziativa, che è partita da alcuni quesiti: cosa è successo nel nostro territorio e perché non ce ne siamo accorti, abbiamo avuto un problema di rimozione, e come reagiamo come cooperazione?
Approfonditi gli interventi del sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi e del presidente della Provincia Giammaria Manghi. Luca Vecchi ha spiegato che quello della legalità è uno dei grandi temi che ci toccano da vicino, di dimensione globale. Sulla legalità, ha detto Vecchi, c’è stata nei decenni precedenti una sottovalutazione del fenomeno. Per il nostro territorio è stato uno shock, ma oggi il grado di consapevolezza è cresciuto enormemente e gli enti locali hanno messo in campo politiche e strumenti di contrasto: dai protocolli antimafia alla costituzione di parte civile in Aemilia, dalla formazione del personale amministrativo alle tante iniziative di cultura della legalità con le scuole. Rispetto ai problemi che sta vivendo oggi la cooperazione reggiana il sindaco Vecchi ha affermato che si deve essere vicini ai lavoratori e ai soci prestatori, ma occorre anche capire dove sono le responsabilità. Va anche fatta una analisi sul modello di sviluppo e sul rapporto tra i gruppi dirigenti delle cooperative e i soci, dove forse è mancata una innovazione nei modelli di governance. “Sento un grande bisogno – ha concluso Vecchi – di cooperazione, dei suoi valori basati sullo spirito della comunità e su una visione del futuro che include e costruisce il benessere condiviso. Non è con l’individualismo e l’egoismo che si può uscire dalla crisi”.
Il presidente Manghi ha sottolineato il ruolo della comunità per sconfiggere l’illegalità. La partita della legalità è la partita delle nuove resistenze. Dobbiamo stare uniti come dice il titolo del convegno, solo così potremo ottenere risultati concreti nella lotta alla malavita. Occorre la consapevolezza della dimensione comunitaria per sconfiggere l’illegalità nel mondo delle amministrazioni, dell’economia, delle professioni. “Il convegno di oggi – ha detto Manghi – dimostra come questa consapevolezza oggi ci sia”.
Albertina Soliani, presidentessa dell’Istituto Cervi, ha evidenziato come ci sia uno stretto legame tra liberta e legalità: da qui l’impegno del Cervi nell’affrontare una questione che si collega strettamente alle conquiste della Resistenza, perché oggi c’è bisogno di una resistenza all’illegalità. L’economia che non rispetta la legalità non è nell’orizzonte democratico della comunità. Importante è anche il ruolo della cooperazione, che restituisce il senso della comunità.
Particolarmente atteso l’intervento di Nando Dalla Chiesa sociologo e docente all’Università di Milano, che da anni studia il fenomeno delle infiltrazioni mafiose al Nord. Sulla base dell’indagine realizzata dalla sua equipe, ha esaminato il modello generale della presenza della ‘ndrangheta sul territorio, partendo anche dall’esperienza lombarda, con considerazioni sui rischi interpretativi del fenomeno, sui meccanismi espansivi, sull’attrazione fatale, e sulle strategie e spazi di intervento. Sul modello mafioso Dalla Chiesa ha sottolineato il fenomeno del controllo del territorio, del rapporto di dipendenza personale, della violenza come regolatrice dei conflitti, dei rapporti organici con la politica. Su come intervenire Dalla Chiesa è stato secco: il controllo si fa sul campo, direttamente nei cantieri, mentre i protocolli sulla legalità sono utili ma non riesco ad essere una protezione forte.
Federica Cabras, dell’equipe di Nando Dalla Chiesa, ha poi illustrato i contenuti dell’indagine “La ‘ndrangheta a Reggio Emilia tra economia, società e cultura”, realizzata nei mesi scorsi a Reggio Emilia, in contemporanea con lo svolgimento del processo Aemilia.
L’indagine ha analizzato il modello di infiltrazione della ‘ndrangheta in Emilia, i meccanismi di espansione, i (presunti) caratteri distintivi. Sulle forme di integrazione economica sono stati analizzati i settori vulnerabili, la geografia degli investimenti, l’origine geografica degli imprenditori, le relazioni tra imprenditoria locale e imprenditoria mafiosa. Un focus è poi stato dedicato al sistema cooperativo emiliano, sui “varchi del sistema” e sul grado di consapevolezza degli operatori economici. Quattro sono state le dimensioni di analisi: quella settoriale (i settori che presentano una particolare predisposizione alle infiltrazioni dei Clan sono l’edilizia e il settore dell’autotrasporto; quella geografica con il progressivo aumento di imprese artigiane edili e di imprese di autotrasporto di origine calabrese, e dunque con un graduale mutamento della geografia sociale dei soci delle cooperative; quella relazionale. Come impedire le infiltrazioni? Le indicazioni sono diverse: combattere il massimo ribasso, avere maggiori informazioni sull’identità dei partner, l’impegno degli Uffici del lavoro, e una attività di formazione interna al mondo delle cooperative.
Al convegno è intervenuto anche Rocco Mangiardi, testimone di giustizia, che ha parlato della sua storia drammatica: “Vorrei alzarmi in piedi per farvi capire che io sono alto appena 1.60. La definizione di “testimone di giustizia” non mi piace. E non mi piace che se uno fa la cosa giusta, il proprio dovere, debba passare per un eroe. Se potessi tornare indietro, rifarei quello che fatto. Senza nessun dubbio. La vera libertà è non avere paura”.
Nel pomeriggio Gabriele Franzini, ha moderato una tavola rotonda in cui sono intervenuti Luca Bosi, vicepresidente Legacoop Emilia Ovest e vicepresidente Istituto Cervi, Emanuele Cavallaro, sindaco di Rubiera, Manuel Masini di Libera Reggio Emilia, Franco Mazza, presidente dell’Ordine degli Avvocati Reggio Emilia, e Alberto Peroni dell’Ordine Commercialisti di Reggio Emilia. Ha chiusi i lavori sarà il senatore il senatore Stefano Vaccari, componente della Commissione Parlamentare Antimafia.
“Non dobbiamo abbassare mai la guardia. Siamo chiamati a una grande e costante attenzione. Siamo tutti chiamati a diventare sentinelle della legalità, quotidianamente”. Con questa esortazione e l’intervento del sen. Stefano Vaccari della Commissione Parlamentare Antimafia si chiude l’intensa giornata di lavoro nel nome della legalità, della libertà, della cooperazione”.