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Piacenza: la nostra proposta per la costituzione del tavolo welfare

Di seguito la nostra riflessione in tema di welfare pubblicata su Libertà di Piacenza sabato 1 agosto 2020

Serve una riflessione collettiva sul welfare a Piacenza! Vorrei essere chiaro e immediato senza costringere i lettori a faticose interpretazioni. Ho in mente il buon lavoro fatto dai rappresentanti delle categorie economiche e dalle istituzioni in quello che, per sintesi, abbiamo chiamato tavolo della sicurezza e della ripartenza. Si è trattato di un lavoro complesso, di molte riunioni e molti approfondimenti, in cui ognuno ha portato idee oltre che interessi e grazie a uno sforzo sapiente la città è riuscita a compendiare le diverse idee in un pensiero condiviso su cosa fare per riavviare i motori della nostra comunità. Ora serve che facciamo la stessa cosa, con lo stesso metodo, anche per ripensare il welfare e lavorare congiuntamente per riavviare anche i motori del sostegno, della cura, dell’educazione.
L’evento pandemico ha messo in crisi il nostro sistema e rischia di provocare la chiusura di servizi per l’infanzia, per gli anziani e i disabili; ci siamo trovati impreparati di fronte alla necessità di contenere il virus e mantenere la distanza fisica, la bolla di quattro metri quadri tra di noi. Le attività degli asili nido, dei centri per la integrazione delle persone con disabilità, le strutture per anziani faticano a integrarsi con la distanza fisica. Eppure gli educatori, gli operatori socio-sanitari e i terapeuti stanno facendo miracoli per rispettare le indicazioni dei protocolli mantenendo nella relazione di cura l’umanità che da sempre contraddistingue gli interventi dei soci e dipendenti delle cooperative sociali. Era impreparato tutto il sistema. E come poteva essere altrimenti?  Eppure nessuno tra noi cooperatori, anche nelle settimane più virulente si è sottratto al proprio lavoro. I cooperatori si sono inventati servizi educativi da remoto. Le famiglie non sono mai state lasciate sole, nelle CRA gestite dalle cooperative i lavoratori hanno affrontato con coraggio la crisi. Quando si è potuto riaprire, le cooperative sociali sono state le prime a credere di poter ricominciare. Più che di sussidiarietà del ruolo dei cooperatori sociali, vorrei che si potesse parlare di un ruolo cardine nel sistema di welfare.  
Ciononostante, il sistema si è scoperto fragile perché i servizi sociali si fanno con le persone e tra le persone. È difficile pensare di trasformarli in servizi via web. I bambini piccoli vanno curati di persona. Non si riesce a cambiare un pannolino da remoto. Le persone anziane vanno accudite, non basta una telefonata. I giovani adolescenti vanno guidati verso la loro adultità; l’esempio e l’applicazione di principi educativi su uno schermo di cinque pollici sono insufficienti.
Per questo penso che sia venuto il momento di ripensare assieme il welfare a Piacenza. Perché ci servono più investimenti e più modelli innovativi. Alcune azioni sono state messe in campo soprattutto dal Comune capoluogo, ma serve un ripensamento generale dei servizi. I risultati di questa indispensabile riprogettazione del welfare dipenderanno in modo rilevante dalla rapidità di risposta e dall’efficienza degli strumenti messi in campo, in un nuovo patto con le forze private che, evitando il ricorso a ipotesi di reinternalizzazione dei servizi, sperimenti forme nuove di coinvolgimento, in particolare, del privato sociale. Occorrono investimenti nei servizi educativi, sanitari, socio-sanitari, istruzione e formazione come importanti risorse per lo sviluppo. Dobbiamo saper valorizzare la comunità e incentivare l’integrazione socio-sanitaria tramite un ruolo definito di partnership per la cooperazione sociale e l’impresa sociale. Dobbiamo creare un nuovo modello di welfare che, mantenendo un carattere universalistico, sappia coinvolgere nella governance e nella co-progettazione il privato sociale e la cooperazione come partner principale. La Costituzione ci parla di sussidiarietà (non faccia il pubblico quello che sanno fare meglio i privati), noi lanciamo la proposta di sederci attorno a un tavolo, tutti, non solo gli enti pubblici e il privato sociale, anche rappresentanti e portatori di interesse e coloro che hanno idee. Perché un welfare che funziona è un prerequisito per generare ricchezza nella comunità. Un asilo nido accessibile libera risorse e genera valore nelle famiglie. Una buona politica attiva del lavoro per le persone disabili, quella che realizzano le cooperative sociali di tipo B, crea risorse inimmaginabili.  Una scuola capace prepara i cervelli alle sfide difficili della competizione territoriale. La cura dei più deboli rende coesa una comunità. Quindi apriamo una discussione concreta e fattuale sul nostro modello di welfare. Facciamolo in fretta perché questa sarà una risposta che ci renderà ricchi. In tutti i sensi.
 
Fabrizio Ramacci – Vice Presidente Vicario di Legacoop Emilia Ovest