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Presentato il documentario “Expo sotto la superficie”, prodotto da CIR food e girato da Andrea Segre

Vivere il cibo come una tavola pubblica sempre più vicina alle proprie radici, ma anche aperta alla diversità e al futuro, che educhi a stili alimentari e di vita sani. Questa è l’esperienza di CIR food in Expo, l’impresa leader in Italia nei servizi di ristorazione collettiva, che ha servito 4 milioni di visitatori nei suoi 20 ristoranti durante l’Esposizione milanese.

Nel film documentario Expo sotto la superficie, prodotto da CIR food e presentato il 23 febbraio in anteprima al MIC di Milano, il regista Andrea Segre, noto al pubblico per opere come Io sono Li e La Prima Neve, ha catturato la ricchezza di questa esperienza mettendo a fuoco il protagonista indiscusso, il cibo. Ciò che emerge è il racconto dietro le quinte dei valori sociali e culturali dell’alimentazione, con uno sguardo cinematografico all’esperienza delle persone che a vario titolo hanno animato questo grande evento. La volontà di CIR food, attraverso iniziative culturali e produzioni scientifiche, è di contribuire a tenere alta l’attenzione sulle tematiche più importanti dell’Esposizione Universale, quali la lotta allo spreco, la sostenibilità ambientale, la tutela della biodiversità e la sicurezza di un’alimentazione sana per tutti.

“Consapevole di aver partecipato a un’esperienza non convenzionale, CIR food ha voluto produrne una testimonianza artistica, affidandola a un autore fra i più sensibili e capaci del panorama cinematografico, Andrea Segre – ha dichiarato Giuliano Gallini, direttore Marketing di CIR food, durante la presentazione – Nutrire il presente per costruire il futuro significa promuovere la cultura come dimensione propria dell’attività imprenditoriale e non come mero mecenatismo. Per abitare il futuro facendo ristorazione nel presente – ha concluso Gallini – oltre a grandi capacità manageriali servono profondità culturale e consapevolezza del ruolo sociale del cibo”.

Alla proiezione del film documentario ha preso parte Massimiliano Tarantino, segretario generale di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, che ha sottolineato: “La legacy di Expo Milano 2015 risiede nella forza del messaggio e nel metodo che lo ha determinato. Il percorso della Carta di Milano ci insegna che un metodo basato sulla condivisione delle competenze e il reciproco ascolto è possibile e, soprattutto, fonda le basi di uno sviluppo sostenibile e responsabile. Milano può e deve essere capitale globale delle soluzioni e della formazione per uno sviluppo sostenibile e responsabile.”

La Carta di Milano, promossa da Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e Expo 2015 attraverso i centri di ricerca di Laboratorio Expo, rappresenta la vera eredità culturale di questa esposizione universale. Con oltre un milione di firme raccolte, ha il compito di coinvolgere cittadini, imprese, istituzioni e associazioni in un impegno concreto che garantisca le generazioni future di poter godere del diritto al cibo.

Per il cinema italiano parlare di cibo non è una novità, anche se in questa occasione è la prospettiva a cambiare. Non più solo una fotografia dei gusti e delle tendenze di oggi, ma un’indagine “sotto la superficie” per capirne i risvolti culturali e sociali.

“I grandi eventi come Expo sono centrali nella società globale, ne accompagnano la corsa e ne disegnano spesso la frenesia. Avere la possibilità di fermare il tempo di un grande evento e di indagarne il processo di costruzione e distruzione mi è sembrata un’occasione da non perdere per un documentarista. Perché fare cinema documentario significa non guardare solo la superficie, ma provare a capire cosa c’è dietro e dentro ad essa”, ha affermato il regista Andrea Segre.

L’opera nasce con l’intento di mettere in scena la materializzazione e dematerializzazione di Expo, attraverso l’uso di due linguaggi cinematografici: il time lapse e lo slow motion. Dalle immagini velocizzate che mostrano la nascita di intere strutture a quelle che catturano al rallentatore gli istanti di Expo, il regista viene attratto dai volti delle persone, dalle loro storie “lente” che intrecciano e danno vita alla velocità di un grande evento. Nell’esito finale, quindi, il regista sposta lo sguardo dalle strutture alle persone, invitando lo spettatore a una riflessione profonda sul grande protagonista di questa Esposizione Universale, il cibo, ispiratore di una riflessione utile e necessaria: “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. Perché il cibo è anche altro. È cogliere l’occasione di fermarsi, di rallentare, di liberare il pensiero per tornare a pensare, a riflettere; è attivare i sensi, aprire delle finestre sul mondo e accettare le diversità.